APPROFONDIMENTI

Diritto all’abitare – report assemblea plenaria “Reddito contro rendita”

I movimenti per il diritto all’abitare rilanciano il 21 ottobre mettendo in rete le lotte per diritto all’abitare, il reddito e la salute con l’opposizione a grandi opere infrastrutturali e militari e assumendo la proposta, avanzata da Roma, di una settimana di mobilitazione a sostegno del diritto all’abitare dal 16 al 19 ottobre.

L’assemblea plenaria che si è svolta a Metropoliz al termine della tre giorni “Reddito contro Rendita. Dalla parte del diritto all’abitare”  è stata tesa non solo alla restituzione dei contenuti e delle pratiche emersi nel corso dei tavoli tematici che si sono svolti sabato 9. Gli oltre venti interventi che si sono susseguito hanno voluto fare il punto su una agenda di lotta condivisa, e sulla volontà collettiva di dare continuità al confronto tra diversi territori intrapreso durante i vari appuntamenti estivi (dalla Valsusa al corteo NoPonte sullo Stretto), con l’obiettivo di allargare ulteriormente il perimetro di confronto a chi questa volta non è stato presente. Il dibattito e la restituzione dei tavoli tematici sono stati preceduti dagli appelli alla mobilitazione nei prossimi giorni e alla solidarietà rispetto alle popolazioni duramente colpite dal devastante sisma in Marocco, per il giovane italo palestinese Khaled Al-Qaisi sequestrato dallo Stato israeliano senza accuse né supporto legale formalizzato, e rispetto al sostegno alla vertenza contro Mondo Convenienza a Campi Bisenzio sostenuta dalla campagna Mondo Convergenza.

Per quanto riguarda il tavolo inerente alla nuova legge per l’edilizia residenziale pubblica e privata, la proposta di legge già in parte composta durante il precedente convegno nazionale “Abit@re” (tenutosi sempre a Metropoliz nel 2021) ha dovuto tenere conto degli scenari mutati dopo il Covid in materia di impoverimento generale, e della questione dei mutui riportata all’ordine del giorno dal rialzo continuo dei tassi e dal carovita complessivo. Si è poi ragionato oltre l’abolizione della L. 431/1998 su come stabilire dei parametri che possano garantire la qualità dell’abitare, del perimetro pubblico/privato nei processi di rigenerazione urbana, nonché dei meccanismi di regolazione e sanzione sia dello sfitto che dell’eccesso di locazioni ad uso turistico. È stato infine chiesto di inserire nella proposta di legge popolare per l’abitare punti ad hoc inerenti alla questione abitativa di chi frequenta l’università (non risolvibile attraverso il solo meccanismo degli studentati).

Quest’ultimo tema è stato ovviamente al centro del resoconto del tavolo riguardante la precarietà giovanile. Le realtà studentesche e giovanili, a partire da una analisi condivisa sulla precarizzazione della condizione generazionale e sulla crescente difficoltà ad emanciparsi dai nuclei familiari di origine, hanno confermato per la prossima metà di settembre in diversi territori (12 settembre nuova “tendata” a Milano; 14 settembre mobilitazione nazionale di Cambiare Rotta) la ripresa dei percorsi di mobilitazione degl* student* sul tema del caroaffitti e della proliferazione dei privati dentro gli atenei come fornitori di saperi (v. rapporto ad esempio delle università con le imprese, stage, alternanza scuola/lavoro) e servizi (v. la privatizzazione dell’offerta alloggiativa per gl* studenti imposte da “Student Hotel” e simili). Dalla specificità della questione universitaria lo sguardo è stato ampliato alla generale inaccessibilità di un abitare degno ed indipendente dalle famiglie per le giovani generazioni. Un problema oltretutto ancora più acuto per le giovani generazioni migranti a causa delle discriminazioni razziste e degli ostacoli politico-burocratici in materia di residenza e accesso alla cittadinanza, come evidenziato dagli interventi di Black Lives Matter Roma e Laboratorio Paratod@s di Verona.

Il tavolo “Salute, ambiente, consumo suolo” ha restituito un ricco confronto sulla questione delle pratiche e della complicità dei territori alle stesse, focalizzando l’attenzione oltre le città e dentro quei territori (come il cratere del Centro Italia, o le aree recentemente alluvionate in Emilia Romagna) dove il sacco delle risorse e l’estrattivismo verso le risorse ambientali si traducono in spopolamento, devastazione ambientale e amplificazione degli effetti del cambiamento climatico, con tutte le nefaste conseguenze del caso sulle popolazioni che li abitano. Se infatti viene ravvisato da diverse realtà un consenso diffuso nei confronti della contrapposizione a determinate grandi opere, esso fatica a tradursi in mobilitazione che vada oltre il perimetro delle strutture organizzate. Bisogna pertanto trovare forme di comunicazione adeguate e che sappiano formare movimenti di massa fondati sull’organizzazione popolare nei territori, mettendo anche a sistema le pratiche ecotransfemministe e le relazioni che si creano in appuntamenti di confronto come questo per creare sostegno e risonanza alle reciproche iniziative di lotta. Infine, partendo dalla adesione all’appuntamento di mobilitazione nazionale e generale “Fermiamo lescalation” a Coltano del 21 ottobre, si è discusso dell’impatto della economia di guerra e dell’approccio militaresco ai territori sulla vita quotidiana e le determinanti della salute sociale e territoriale.

Quest’ultimo punto ha inevitabilmente innervato anche la discussione del tavolo su abitare e repressione, in cui la genealogia dei dispositivi repressivi contro i senza titolo, chi si organizza per risolvere le proprie condizioni di vita, i movimenti sociali e il sindacalismo conflittuale è stata messa in relazione alla costruzione del consenso governativo attraverso i media che costruiscono l’ipotesi che la persona povera, chi occupa, chi è migrante sia il nemico pubblico numero uno. È quindi necessario rompere la narrazione e l’egemonia culturale che cercano anche di legittimare la cancellazione di misure di supporto come il Reddito di Cittadinanza. Un focus specifico è stato inoltre dedicato al disegno di legge che punta a inasprire pesantemente le pene per chi è sotto sgombero o sfratto (obbligo di arresto sia per chi non esce che per chi “si intromette”, v. picchetti antisfratto e reti solidali – 3/ 7 anni; la resistenza passiva scompare e rimane solo la resistenza che prevede arresto in flagranza e prescrizione di 9 anni). Tali forme repressive diffuse sono state inoltre delineate come pratiche preventive che mirano alla costruzione di una pace sociale che prevede che non si debba più occupare, né confliggere per ottenere condizioni di vita, lavorative, libertà di movimento in cambio di concessioni piccole e grandi a livello locale. Ciò in ultima istanza riporta alla questione delle pratiche e della necessità di una articolazione nazionale che possa appoggiare le pratiche di riappropriazione.

Queste ultime, d’altro canto, continuano a darsi in alcune città come Bologna nonostante il quadro politico complessivamente ostile, specialmente a fronte della mancanza di soluzioni che garantiscano il passaggio permanente da casa e casa per chi subisce uno sfratto o uno sgombero, come mostrato dal recente caso di via Esterle a Milano. Come evidenziato da diversi interventi e territori, d’altra parte, la sofferenza abitativa non tocca oramai solo persone storicamente povere e disoccupate, ma anche chi lavora ma ha un salario insufficiente a garantire una vita dignitosa, e persino settori sociali relativamente garantiti e solvibili come quelli che fino a poco tempo fa hanno potuto prendere un mutuo, e ora rischiano il pignoramento perché non riescono più a sostenerne il peso.

In questo senso, più interventi hanno messo a tema anche la necessità di proseguire e ampliare la campagna per l’estensione e la difesa del Reddito della Cittadinanza intrapresa in più città italiane, con particolare riferimento alle mobilitazioni del centro e sud Italia. Pur prendendo infatti atto dei limiti evidenti del RdC per come era stato concepito (ad es. esclusione delle persone sprovviste di una residenza anagrafica e l’impostazione familistica e patriarcale) quella misura ha rappresentato un supporto fondamentale per milioni di persone; inoltre, anche quei pochi spiccioli sono entrati in competizione coi salari più bassi, motivo per cui si è scatenata questa guerra contro le persone povere. Per questo, come da titolo della tre giorni, la questione del reddito non può essere scissa dalla questione abitativa, né dalle iniziative che pretendono un salario degno. In questo ambito è emersa la proposta di una assemblea nazionale promossa dalla rete “Ci vuole un reddito” che si terrà il 23 settembre dalle 10 alle 17 presso la Sapienza per costruire nuove tappe di mobilitazione.

Per quanto concerne l’agenda di lotta per l’autunno e oltre, a partire dal campeggio di questa estate era già stato assunto in maniera collettiva l’impegno a sostenere con decisione e partecipazione  il passaggio unitario della Manifestazione a carattere nazionale e generale di Pisa Coltano del 21 “Fermare l’escalation” proposta dal Movimento NoBase contro il piano di ampliamento delle basi già esistenti, la militarizzazione “geografica” e sociale dei territori, e l’economia di guerra in cui ci vogliono relegare. Nella tre giorni è comunque emersa l’esigenza di rafforzare questa data, mettendo in rete le lotte per diritto all’abitare, il reddito e la salute con l’opposizione a grandi opere infrastrutturali e militari. Per supportare questi passaggi, l’assemblea ha assunto la proposta, avanzata da Roma, di una settimana di mobilitazione a sostegno del diritto all’abitare dal 16 al 19 ottobre.

Oltre alle iniziative dislocate nei diversi territori sotto le sedi (aperte) delle istituzioni in cui si prendono le decisioni in materia di politiche abitative, Roma si assume l’impegno di tornare a 10 anni dal 19 ottobre 2013 sotto il Ministero delle Infrastrutture presieduto da Matteo Salvini  insieme alle delegazioni nazionali che vorranno essere presenti, partendo da Piazzale Aldo Moro (Università La Sapienza) per tracciare la connessione con le lotte contro la precarietà abitativa, lavorativa e del diritto allo studio delle giovani generazioni. Questi appuntamenti saranno preceduti da una call nazionale, con l’obiettivo di mettere a punto le date esistenti ed immaginare immediatamente un nuovo momento di incontro nazionale (in un’altra città) per dare respiro e continuità al percorso intrapreso. Riteniamo infatti necessario cogliere il dato del fatto che durante la tre giorni è avvenuto un confronto tra realtà che non si incontrano da tempo e non si sono mai viste, e questa occasione non va sprecata né relegata al solo momento assembleare. Per capire insieme cosa è cambiato nei settori popolari e nella nostra società per arrivare a questo punto e per non attestarci dentro la resistenza fisica e metaforica, ma anzi capire come passare all’attacco sul piano della narrazione e delle pratiche di fronte alla rendita che aggredisce le città, a livelli di sfruttamento sempre più insostenibile e alla radicalità del conflitto proprietario contro di noi che nulla redistribuisce ma anzi declina tutto in termini di guerra e ordine pubblico con il supporto governativo.

Il Movimento per il Diritto all’abitare di Roma si è infine impegnato a supportare la manifestazione regionale del 13 ottobre sotto la sede della Regione Lazio sulle questioni di ambiente, salute e autodeterminazione dei territori proposta dalle realtà in Lotta contro inceneritore, nocività e sfruttamento ecosistemico.

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